LIFESTYLE | Nuove forme di un'antica dolcezza
Nuove forme di un'antica dolcezza
Pasticcerie storiche che cambiano format e geografie, look e proposte. Milano gioca le sue carte vincenti: l’internazionalità, il connubio dolce-fashion e l’esperienza culturale dei luoghi e dei prodotti. Per cambiare tutto, ma non il sapore della tradizione.
Di Anna Prandoni
Un tempo, era tutto vicinato. La pasticceria storica e tradizionale si sceglieva tra quelle nei pressi di casa, e la proposta era comune a tutte. La pasticceria, soprattutto a Milano, era un luogo dove andare ad acquistare i pasticcini per la domenica, e le torte per i compleanni, il packaging era una carta impreziosita dal marchio scritto in caratteri calligrafici e chiusa da un nastrino dorato, a simboleggiare l’evento eccezionale che richiedeva una celebrazione.
I luoghi che accoglievano i dolci erano, soprattutto in città, bomboniere di legno e vetro, dove scrigni da esposizione permettevano di ammirare il goloso contenuto. Da allora a oggi il mondo delle pasticcerie è cambiato radicalmente, e anche questo settore è diventato parte del fashion system “alla milanese”, non perdendo nulla del suo appeal, ma cambiando radicalmente il format, da grande progetto familiare che si fa brand a brand che ingloba nella sua holding anche gli storici marchi familiari cittadini.
Era il 2014 quando Miuccia Prada, guardando all’Expo dell’anno dopo, insieme a Patrizio Bertelli decise di acquisire l’80% delle quote della storica pasticceria Marchesi, con la sua vetrina di legno e il bancone solido, le sue caramelle colorate e il suo andirivieni costante, simbolo stesso di una città crocevia di persone e brulicante di energia. Qui si veniva per un caffè al volo, tra una commissione e l’altra, o prima del lavoro, o per la merenda dei bimbi, si stava il minimo sindacale indispensabile: niente tavolini, siamo a Milano, anche il dolce va preso con rigore, e in fretta. Da allora la scelta di Prada ha fatto la moda, come spesso succede, e la strada è stata seguita poi da altre maison che hanno deciso di accostarsi al mondo della pasticceria: questo settore, ancora oggi, rappresenta una direzione tutta da esplorare, attraverso modalità sempre nuove.
Perché il connubio dolce-fashion è di varia natura: può trattarsi del pezzo iconico di una maison che viene reinterpretato in chiave dolce, oppure la creazione di qualcosa di completamente nuovo, un oggetto o un luogo tutto da vivere. L’ispirazione francese arriva con LV Dream, lo spazio espositivo aperto da Louis Vuitton a Parigi, con al suo interno anche una cioccolateria e un café supervisionati da Maxime Frédéric, chef-patissier dell’Hotel Cheval Blanc Paris: una destinazione culturale e gastronomica dove persino dolci e cioccolatini giocano con i motivi classici di Vuitton.
Un’internazionalità che caratterizza anche la celebre pasticceria Cova che, dalla sede storica nel quadrilatero milanese della moda, dopo l’ingresso nel gruppo LVMH (peraltro “sfuggendo” proprio a Prada) ha esportato l’eccellenza italiana in Asia ed è pronta a farlo in altre metropoli d’Europa e del mondo.
È un legame, quello tra moda e cibo dolce, che viene valorizzato non solo attraverso investimenti e nuove idee nell’ambito della ristorazione, ma che trova una possibilità d’essere anche, ad esempio, in una capsule collection come quella realizzata da The Attico in collaborazione con il locale newyorkese Sant Ambroeus: una felpa, una t-shirt, un cappello da baseball e una tazza per il take-away per la quale le due designer Giorgia Tordini e Gilda Ambrosio si sono ispirate alle “sciure” che frequentano i caffè milanesi e alle vibrazioni delle due metropoli. Questo storico marchio è da poco tornato anche a Milano con una ristrutturazione che ha lasciato spazio all’antico seguendo il filone aperto proprio da Prada con Marchesi: cambiare tutto, senza modificare la sostanza.
Segno che, dai marchi di fascia alta a quelli di ambito più ristretto, magari legati a un preciso territorio, il co-branding è un’opportunità di business che si può cogliere anche a livello culturale, come modo innovativo e contemporaneo per valorizzare quanto un determinato prodotto o un luogo di cultura hanno da offrire. Anche, e soprattutto, al di fuori dei propri canoni e dei propri confini.
Dagli altri luoghi storici della città nascono connessioni e si intrecciano storie: da Gattullo a Taveggia, da Bastianello a Cucchi, ogni nome evoca momenti cittadini significativi ma anche differenti espressioni di clientela, e diverse fedi calcistiche. Nessun interista compra la Carlina di Gattullo, e tutti i personaggi del mondo dell’editoria si incontrano davanti al tortino di riso di Cucchi, in una sorta di grammatica del gusto che non lascia spazio a fraintendimenti.
La Milano-bene va da Peck come da tradizione, e compra i marron glacé rigorosamente da Galli, i turisti sono sempre più attirati da Savini in Galleria. Le nuove storie sono raccontate da famiglie che sono arrivate dopo gli anni ’60, ma si sono comunque imposte: Martesana, con il suo look arancione diventato un nuovo must, e i panettoni dell’Enzo che sono sempre più ricercati, ma anche una storica pasticceria genovese che è arrivata in città di recente e grazie al suo heritage sembra sia sempre stata lì. Romanengo è la svolta dolce di Porta Genova, e i suoi bon bon, i cioccolatini e la confetteria hanno portato un nuovo classico alla città che per antonomasia accoglie con favore tutte le novità e le fa proprie, inglobandole e facendole diventare i nuovi trend italiani.