PROJECTS & STORIES | Giganti del mare
Giganti del mare
di Francesca Molteni
C’è un soffio vitale anche nei più sofisticati, performanti, techno giganti che solcano i mari, tagliano con sapienza le onde, tracciano le rotte del futuro. Uno slancio, nei grandi primati della manifattura italiana, dove le competenze del cantiere incontrano i desideri degli armatori per il taylor made, il contatto con il mare sposa il comfort, il progetto sostenibile si connette con la velocità, le prestazioni con lo stile. Sperimentazione, produzione e servizi. Bello e ben fatto, affidabile, ma sempre un passo avanti. Parliamo di megayacht, e loro sono i primi al mondo, il più grande Gruppo privato nel settore della nautica, 6 cantieri e oltre 40 modelli in produzione. Un primato italiano. Sì, Azimut | Benetti, un gigante con un’anima famigliare, che nasce dalla visione di Paolo Vitelli, presidente e fondatore, al comando da 40 anni, e si tramanda alla figlia Giovanna, vicepresidente del Gruppo, avvocato che, agli inizi degli anni 2000, straccia il biglietto aereo per lo studio legale negli Stati Uniti ed entra nell’azienda di famiglia.
Il mare sembra ovvio per chi vive e lavora nella nautica, che cos’è per lei? Una passione e un’ossessione che ha influito sulle scelte di vita e professionali?
_ In mare ci sono nata, la mia storia personale è intrinsecamente legata a quella dell’azienda, che mio padre ha fondato nel ’69, gli anni della mia infanzia e quelli della sua grande crescita. Ho passato interi weekend sulle banchine per vederlo, uscivamo a fare le prove in mare, le vacanze erano l’occasione per testare i prototipi. C’era un foglio bianco all’ingresso della barca, dove tutti noi della famiglia potevamo segnare i miglioramenti da suggerire. Era un grande gioco, che si è rivelato utile nella mia vita professionale, l’idea di guardare all’oggetto chiedendosi: ‘Dove si può fare meglio? Che cos’è veramente speciale in questa barca e cosa si può migliorare?’. Era un grande orgoglio vedere che i nostri suggerimenti venivano presi in considerazione. Sono sensazioni che rimangono sottopelle. E poi, è un mondo talmente affascinante che non è stato difficile appassionarsi.
E il design, come è avvenuto per lei l’incontro con questo mondo e, come industria creativa del Made in Italy, quanto è importante per i vostri progetti?
_ Ho conosciuto presto il design. La barca è, in fondo, un oggetto e un contenitore di design, ha entrambe queste valenze. Mio padre è stato un grande visionario. Anzi, secondo me, una delle più grandi rivoluzioni del design nautico è stata una sua intuizione, la sostituzione degli oblò. Dagli anni ’90, Azimut è stato il primo a rivoluzionare il modo di vivere a bordo introducendo le finestrature a scafo. Da quel giorno, l’unico modo di illuminare le cabine sono state le sei grandi finestrature quadrate, rimaste iconiche, che poi si sono sviluppate ulteriormente in finestrature intere. È il concetto di design inteso come forma e funzione. Quello che ho contribuito a portare è stata una riflessione importante sugli interni. Per tanti anni, la nautica è vissuta con un linguaggio stilistico estremamente ripetitivo, pochi designer e un’interpretazione del lusso vecchia maniera, cioè opulenza, materiali retroilluminati, radiche lucide. Questa consapevolezza ci ha portato a nuove sperimentazioni, alla ricerca in altri settori, come l’hotellerie e il design industriale, a nuove collaborazioni. La nostra rivoluzione ha rinfrescato la nautica e portato nuovi linguaggi, un’evoluzione del concetto di lusso negli interni, da un’opulenza ostentata verso una più suggerita eleganza.
Nel luglio 2022, Benetti ha varato B.Yond 37m, il primo di una nuova serie di Voyager, che integra 4 ponti in 37 metri. Privacy, funzionalità e comfort per l’imbarcazione più green al mondo nella sua categoria. L’arredamento è firmato Giorgetti. Quali i tratti distintivi del progetto architettonico, dell’interior, e delle tecnologie green?
_ Abbiamo creato una nuova linea, il cui il capostipite è stato il Benetti B.Yond 37m, un concetto rivoluzionario nella nautica, quello di Voyager, che si posiziona a metà strada tra il megayacht e l’Explorer, la barca per le lunghe percorrenze, per il moderno viaggio intorno al mondo in 80 giorni, per chi può esplorare, e quindi deve essere comodo e molto curato, ma un po’ più essenziale rispetto al classico megayacht lussuoso. È un less is more che porta all’eleganza piuttosto che alla ridondanza. Abbiamo quindi immaginato una scatola architettonica pura, asciutta, per gli interni, che potesse accogliere elementi di arredo di personalità. Tra i marchi che rappresentano questa collaborazione, Giorgetti è stato unanimamente scelto perché meglio incarna questo matrimonio perfetto. È la quintessenza della qualità del prodotto, senza troppi orpelli.
Quali affinità e quali differenze ha ritrovato nei due marchi?
_ Vicinanza stilistica e una grande attenzione qualitativa, abbiamo trovato gli stessi valori. Una promessa mantenuta. Rispetto alle differenze, noi siamo abituati alla grande customizzazione, siamo dei sarti del su misura. Proponiamo un concept, e cerchiamo di guidare il nostro cliente, perché quell’oggetto porta il nostro marchio, ascoltando le sue esigenze. Giorgetti è un marchio abituato a interpretare all’origine questa scelta. Abbiamo trovato una grande comprensione per le esigenze organizzative, logistiche, e per i cambiamenti voluti dai nostri clienti, e un grande supporto nella gestione della complessità. Estrema flessibilità.
Per venire agli arredi, soprattutto outdoor, che nel vostro caso vivono in condizioni estreme, che cosa può insegnare la nautica al mondo del design?
_ La sfida della nautica va oltre quella del normale outdoor, la salsedine, il vento e il sole. Quindi la qualità dei materiali è fondamentale, come la capacità di resistere nel tempo, e qui c’è la vera differenza tra un’azienda e l’altra nel promettere outdoor. Una qualità spesso in conflitto con l’estetica.
L’altra grande sfida contemporanea è la sostenibilità, per una manifattura di eccellenza. Come la state affrontando?
_ Questa è la vera sfida, non solo del presente ma anche del passato. Produrre un ibrido oggi significa averlo concepito e sviluppato molti anni prima. La vera sfida nel nostro settore, come in altri, è la serietà di soluzioni che siano lo state of the art della tecnologia disponibile, ponendosi però traguardi a più lungo raggio. Nella nostra azienda, diamo due risposte importanti a seconda delle dimensioni. Per le barche fino ai 24 metri, siamo il Gruppo che promette e mantiene i minori consumi possibili, cioè le minori emissioni. Risultati importanti, numeri che vanno dal 20% al 30% in meno rispetto alla media, frutto di una ricerca decennale, di errori, rifacimenti, investimenti, know-how. Per i megayacht, il B.Yond 37m è una pietra miliare, perché l’ibrido nella nautica è più difficile. A differenza dell’automotive, noi non abbiamo né la frenata né la discesa, momenti con cui si ricrea energia. Noi dobbiamo quindi creare l’energia ed essere molto efficienti nell’utilizzarla. Questa barca ci ha dato risultati molto significativi. Parliamo di una riduzione del NOx fino al 70% e di CO2 nell’ordine del 24-25% nelle modalità di utilizzo più efficienti. È considerata, infatti, l’ibrido migliore al mondo.
Ottenuti questi traguardi, c’è un obiettivo che vorrebbe realizzare nel prossimo futuro?
_ Lanceremo nel 2024 una linea, questa volta a marchio Azimut, che sarà la quintessenza di questi traguardi, mettendo a frutto gli investimenti non in un prodotto, ma in una gamma di prodotti. È un approccio coraggioso, perché è una fascia più democratica. La scommessa è, in qualche modo, di educare il nostro consumatore, una sfida filosofica e non solo commerciale. E, naturalmente, mantenere lo spirito dell’azienda di famiglia con la visione, portarne avanti il DNA e i valori con le sfide della dimensione, in una logica di rafforzamento e di continuità.
Era un grande gioco, che si è rivelato utile nella mia vita professionale, l’idea di guardare all’oggetto chiedendosi: ‘Dove si può fare meglio? Che cos’è veramente speciale in questa barca e cosa si può migliorare?’.
—Giovanna Vitelli